
Tra le figure più affascinanti e inquietanti del folclore sardo troviamo le Panas, spiriti femminili che incarnano il dolore e la rabbia delle donne morte di parto. La loro leggenda si intreccia con temi universali come la maternità , la morte, il lutto e la giustizia ultraterrena, offrendo uno sguardo potente sulla cultura tradizionale della Sardegna, soprattutto nelle zone più interne e arcaiche.
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Origine e significato del mito
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Nella tradizione orale sarda, le Panas sono gli spiriti di donne che hanno perso la vita durante il parto o a causa di complicazioni legate alla maternità . In un’epoca in cui la mortalità materna era purtroppo frequente, soprattutto in contesti rurali privi di assistenza medica adeguata, queste figure mitiche rappresentavano una sorta di simbolizzazione collettiva del trauma e del dolore. Secondo alcune versioni del mito, le Panas sono condannate a vagare per l’eternità , spesso accanto a corsi d’acqua, lavando panni insanguinati o cullando bambini invisibili, in un perpetuo rituale che richiama l’evento tragico che le ha strappate alla vita.
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Aspetto e comportamento
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Le Panas sono generalmente descritte come donne pallide, vestite di bianco o di nero, con il volto spesso nascosto o deformato dal dolore. Non sono spiriti malvagi nel senso classico, ma la loro presenza è inquietante. Appaiono durante la notte, soprattutto nei pressi di fiumi, pozzi, fontane o lavatoi, e sono attive durante la "notte delle anime" (tra il 31 ottobre e il 2 novembre), periodo in cui il confine tra il mondo dei vivi e quello dei morti si fa più sottile secondo molte tradizioni popolari.
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In alcune leggende, le Panas possono manifestarsi agli uomini che passano vicino ai loro luoghi notturni di lavaggio. Se disturbate, diventano vendicative: chi le disturba rischia malattie, follia o perfino la morte. Tuttavia, se non vengono infastidite, restano in silenzio, immerse nel loro doloroso compito. L’incontro con una Pana può dunque essere sia un ammonimento morale che una rappresentazione del rispetto dovuto ai morti e, in particolare, al sacrificio materno.
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Valenza simbolica
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La figura delle Panas ha una valenza profondamente simbolica. Incarnano il dolore della maternità negata, la violenza della morte prematura, ma anche il senso di ingiustizia sociale legato alla condizione femminile storicamente subalterna. Le Panas, infatti, non sono solo spiriti dolenti: sono testimoni del silenzio a cui per secoli sono state condannate le donne, soprattutto nel momento più sacro e vulnerabile della loro esistenza — il parto.
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La loro figura può essere letta anche come un archetipo psicologico e culturale: il lutto mai elaborato, la colpa collettiva, la paura della morte legata alla nascita, ma anche la sacralità del corpo femminile e della sua potenza generativa.
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Il ruolo nella cultura sarda
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In molte comunità sarde, la leggenda delle Panas ha avuto anche una funzione pedagogica e sociale. Raccontata ai bambini o ai giovani, serviva a trasmettere rispetto per la maternità , per i luoghi sacri della natura (come i corsi d’acqua) e per i rituali legati alla morte. Era anche una forma di controllo sociale, un modo per scoraggiare comportamenti irrispettosi o pericolosi, specialmente durante la notte.
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Oggi, il mito delle Panas sopravvive nella memoria collettiva e nelle rievocazioni culturali, nelle narrazioni letterarie e nelle performance teatrali o artistiche che riscoprono il patrimonio immateriale sardo.
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Le Panas non sono semplici fantasmi: sono custodi di una memoria antica, un monito vivente del sacrificio e della sofferenza legati alla maternità . Il loro lamento risuona ancora oggi come una preghiera laica, che invita a riflettere sul valore della vita, sul dolore dimenticato delle donne, e sulla necessità di ricordare, per non ripetere.
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La Sardegna, terra di miti e silenzi, continua così a raccontare — anche attraverso le sue ombre — le verità più profonde dell’esistenza umana.