
Nel cuore della Hollywood degli anni ’60, dove ogni giorno si intrecciavano sogni di celebrità e scenari surreali, un evento singolare attirò l’attenzione di giornalisti, curiosi e addetti ai lavori: nel 1961, circa 150 gatti neri furono convocati per un’audizione presso i Producers Studio. A lanciare l’insolita chiamata fu la American International Pictures (AIP), casa di produzione celebre per i suoi film horror e di serie B, che in quegli anni stava cavalcando l’onda di una nuova generazione di cinema giovanile e inquietante.
L’idea dietro l’audizione
Il provino felino aveva un obiettivo preciso: trovare il perfetto gatto nero per un ruolo chiave in “Tales of Terror”, un film a episodi ispirato ai racconti di Edgar Allan Poe e diretto da Roger Corman. L’episodio “The Black Cat”, tratto proprio dal celebre racconto omonimo, richiedeva una presenza carismatica e inquietante: un gatto nero in grado di reggere la scena accanto a Vincent Price e Peter Lorre, due giganti del cinema horror.
Ma perché convocare ben 150 gatti? Secondo le cronache dell’epoca, la produzione voleva assicurarsi una vasta selezione per individuare l’animale con il temperamento, l’aspetto e il comportamento più adatti. In un'industria dove anche un’espressione felina poteva fare la differenza, non si poteva lasciare nulla al caso.
Una scena surreale
Le immagini dell’audizione, oggi conservate negli archivi fotografici e occasionalmente riprese in documentari sul cinema cult, mostrano un panorama surreale: decine di gabbiette allineate nei corridoi dello studio, miagolii che si mescolavano alle urla fuori campo di aspiranti attori, e assistenti di produzione che cercavano di mantenere l’ordine in mezzo a un esercito di felini neri. Alcuni erano docili, altri spavaldi, molti decisamente poco collaborativi. Ogni gatto veniva osservato attentamente da un team di tecnici e registi, e valutato per il suo comportamento sotto le luci di scena.
Superstizione e marketing
Oltre alla necessità scenica, la scelta del gatto nero non era priva di connotazioni simboliche. L’animale, tradizionalmente associato alla sfortuna e al soprannaturale, rappresentava perfettamente l’estetica gotica e inquietante che la American International Pictures cercava di coltivare. Non a caso, l’audizione divenne anche un’occasione di marketing: l’immagine dei 150 gatti neri in cerca di fama contribuì ad alimentare il mito attorno alla produzione, catturando l’immaginazione del pubblico ancora prima dell’uscita del film.
Il “prescelto”
Alla fine, uno solo fu scelto. Il suo nome, secondo alcuni racconti non ufficiali, era Rhubarb (nome già noto per aver recitato in un film omonimo del 1951). Il felino dimostrò di avere tutto ciò che serviva: uno sguardo magnetico, una calma inquietante e una sorprendente capacità di restare fermo durante le riprese.
Un aneddoto che è leggenda
L’audizione dei 150 gatti neri è oggi un piccolo ma affascinante frammento della storia del cinema hollywoodiano. Un episodio che unisce folklore, eccentricità e puro spirito da set anni ’60, e che racconta come, a Hollywood, anche il più superstizioso dei simboli potesse diventare una star.